Alcune curiosità su “Gela antica, la New York del Mediterraneo”

29 marzo 2022
notizie

Il documentario animato sta suscitando molto interesse e anche alcune curiosità soprattutto su alcuni aspetti relativi all’area di Gela nei tempi più remoti. Sono esistiti davvero rinoceronti lanosi, ippopotami nani… ? Ecco alcuni approfondimenti con il riferimento alle fonti che ne parlano per chi volesse saperne ancora di più. Buona lettura!
Jacopo Fo

Il rinoceronte lanoso in Sicilia
Esistono numerosi studi riguardanti la presenza del “Coelodonta antiquitatis” o del “diceros” comunemente detto “Rinoceronte lanoso” o “rinoceronte” citato nel nostro “documentario animato”. Gli studi asseriscono che queste specie fossero ampiamente diffuse in Europa ed Italia (Sicilia compresa) tra il Pliocene ed il Pleistocene superiore.
In particolare uno studio interdisciplinare pubblicato nel 2014 su Archivio per l’Antropologia e la Etnologia fa riferimento “all’associazione di Gravitelli” sui Taxa continentali di origine europea ed africana, età relative: tardo Turoliano (MN12-13) e sottolinea la presenza di frammenti di sottospecie di “diceros” nello specifico “Dicerorhinus sp.” in Sicilia.

Tra i diversi studi vogliamo citare:

  • Borsuk-Byalynicka, M., Studi sul rinoceronte del Pleistocene Coelodonta antiquitatis (Blumenbach), Palaentol. Polone. , 1973, n. 29, pp. 4–97.
  • Considerazioni sui Mammiferi Fossili delle Isole Mediterranee Augusto Azzaroli, Italian Journal of Zoology, Il popolamento umano della Sicilia: una revisione interdisciplinare, Archivio per l’Antropologia e la Etnologia – Vol. CXLIV (2014) Brandt, JF, De rhinocerotis antiquitatis seu tichorhini seu pallasii structura externa et osteologica osservazioni e reliquiis quae in museis Petropolitanis servantur erutae, Mem. Accad. Imper. Sci. San Pietroburgo , 1849, vol. 6, n. 5, pp. 161–416.
  • Garutt, NW, On the History of Studies on the Woolly Rhinoceros Coelodonta antiquitatis (Blumenbach, 1799), in Mamont i ego okruzhenie: 200 let izucheniya (The Mammoth and its Environment: 200 Years of Study), Mosca: GEOS, 2001, pp 23–33.

Ippopotami nani e ippopotami grandi in Sicilia tra il Paleolitico Superiore ed il Mesolitico
Secondo numerose pubblicazioni tra cui “Resti inediti di ippopotamo nella grotta dei puntali” del Dipartimento Scienze della terra dell’Università la Sapienza di Roma, oppure “IL DEPOSITO LACUSTRE A IPPOPOTAMI DI ACQUEDOLCI” (Messina), l’associazione faunistica in Sicilia comprende alcune specie di “grandi ippopotami” appartenenti al complesso faunistico che ha abitato il territorio dal tardo Pleistocene medio al Pleistocene superiore. Secondo la letteratura l’ippopotamo siciliano Hippopotamus pentlandi discendente dalla specie continentale Hippopotamus amphibius o dalla specie Hippopotamus antiquus avrebbe coesistito nell’isola con queste ultime due. Nello specifico alcuni saggi di scavo effettuati negli anni 1977/78 dal prof. Carmelo Petronio del del Dipartimento Scienze della terra dell’Università la Sapienza di Roma, hanno dimostrato nei successivi studi “…Una popolazione di Ippopotami provenienti dagli strati inferiori del Pleistocene medio-superiore (Età mammiferi Aureliano) della Grotta dei Puntali, di dimensioni molto vicine a quelle di Hippopotamus amphibius attuale e pleistocenico con caratteri morfologici abbastanza simili

In Sicilia esistevano si gli ippopotami nani (Hippopotamus pentlandi ) ma esistevano anche Ippopotami grandi, anzi grandissimi!

Elefanti nani e elefanti piccoli in Sicilia
Parlando di elefanti nel nostro documentario animato si fa riferimento alla scomparsa circa mezzo milione di anni fa di elefanti piccoli che non vanno confusi con gli Elephas Falconeri che erano nani, grandi grossomodo come un cane di taglia media. Infatti in Sicilia vivevano anche gli Elephas Mnaidriensis, raggiungevano quasi i due metri d’altezza e hanno vissuto in Sicilia per millenni dopo che gli elefanti nani si erano estinti.

Per diverse migliaia di anni, dal Pleistocene in poi, esistevano quindi diverse specie di elefanti nani e tra queste gli Elephas Falconeri, gli Elephas Mnaidriensis ed altre sottospecie, dove la prima specie si estinse in un periodo precedente alla seconda. L’Elephas Mnaidriensis “non è gigantesco, ma nemmeno un nano”.

Questa informazione è contenuta in numerosi studi: “M. P. Ferretti. 2008. The dwarf elephant Palaeoloxodon mnaidriensis from Puntali Cave, Carini (Sicily; late Middle Pleistocene): Anatomy, systematics and phylogenetic relationships. Quaternary International 182:90-108, oppure Burgio E., Cani M. (1988): Sul ritrovamento di elefanti fossili ad Alcamo (Trapani, Sicilia). Il Naturalista Siciliano, S. IV, vol. 12, n. 3/4, pp. 87-97”, affermano in maniera inequivocabile che l’Elephas Mnaidriensis avesse un’altezza stimata di 1,8 m per un peso medio di circa 1100 kg e che fosse considerato un elefante nano che visse nella stessa epoca di Palaeoloxodon antiquus, di cui è stato a lungo considerato una forma insulare, prima di essere riconosciuto come specie a sé stante.

Cavalli grandi
In un’isola dove vivevano ippopotami nani ed elefanti nani c’è da chiedersi quanto fossero grandi i cavalli che milioni di anni fa erano piccolissimi, grandi come volpi con le gambe lunghe.
Il cavallo di Stenone (Equus stenonis) era minimo ed è vissuto tra il tardo Pliocene e l’inizio del Pleistocene; correva per le pianure dell’Europa occidentale e sudorientale e del Nord Africa. Misurava fino a 145-155 cm al garrese e si estinse circa un milione di anni fa. Ne esistevano varie sottospecie, quali Equus stenonis vireti e Equus stenonis senezensis, ed è considerato il progenitore di alcune razze di Equus. Questi discendenti dello Stenone si diffusero poi in tutto il mondo e non ebbero problemi ad arrivare in Sicilia che una volta era attaccata alla Calabria, visto che allora nel Mediterraneo c’era molta meno acqua.

Grotte come abitazioni
Per l’ambientazione presente all’interno del “documentario animato” riguardante abitazioni in “grotta”, ci siamo ispirati a diversi siti preistorici in Sicilia in cui è certa la testimonianza di abitazioni/ripari scavati nella roccia, o grotte riutilizzate come ripari/abitazioni.
In particolare le immagini sono ispirate alle grotte di Calascibetta, nei pressi di Enna, sicuramente abitate in epoca bizantina ma presumibilmente utilizzate, a partire da alcune grotte naturali, fin dalla notte dei tempi.
È comunque indiscutibile che i primi siciliani abbiano sovente abitato in grotte. Ecco un elenco di quelle accreditate come abitazioni paleolitiche o neolitiche grazie al rinvenimento di reperti datati con precisione.

Per la fase Paleolitico:
• Fontana Nuova (Marina di Ragusa) – probabilmente il sito archeologico dove sono stati trovati i reperti più antichi della prime presenze di uomini nella Sicilia.
• Grotte di Scurati (Custonaci, Trapani) – grotte abitate sin dal paleolitico con la particolarità che in una di esse (grotta Mangiapane) è stato costruito un borgo abitato sino la metàdel XX secolo.

• Grotte dell’Addaura (Palermo) – grotte famose per le incisioni parietali.
• Grotta di Cala del Genovese (Isola di Levanzo, Trapani) – grotta con incisioni parietali.
• Grotte di San Vito lo Capo (Trapani) – grotte con incisioni parietali.

Per la fase Mesolitico:
• Il Riparo della Sperlinga (Novara di Sicilia, Messina) – sono delle grotte usate come riparo.
• Riparo Cassataro (Centuripe, Enna) – è un riparo roccioso nel quale sono presenti pitture in ocra rosa.
• Matrensa (Siracusa) – sito archeologico dove erano presenti reperti di ceramica decorata.
• Stentinello (Siracusa) – sito archeologico dove con presenza di reperti di ceramica decorata.
• Serraferlicchio (Agrigento) – sito archeologico dove erano presenti reperti di ceramica decorata.
• Monte Tabuto (Ragusa) – sito archeologico dove sono stati scoperti reperti di ceramica decorata.

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