Ascesa e declino di Eraclea Terranova
ASCESA E DECLINO DI ERACLEA-TERRANOVA
Tra fine del XIII. e gli inizi del XIV sec. la città di Eraclea, a cui si era associato il nome Terranova, aveva assunto un ruolo primario in Sicilia. Il cronista Saba Malaspina la elencava tra le principali città dell’epoca, ricca e fiorente nei commerci. L’importante produzione cerealicola ed una vivace attività commerciale avevano fatto sì che a Terranova venissero ad “abitare” importanti famiglie nobiliari nonché numerosi ordini religiosi. Non c’è dunque da stupirsi che anche Eraclea-Terranova fosse direttamente coinvolta negli scontri che di lì a poco avrebbero trasformato la Sicilia in un sanguinoso campo di battaglia.
LA GUERRA DEI VESPRI
Scrive il Mugnos nei “ReguagliHistorici del Vespro Siciliano”: i primari congiurati contro i francesi (angioini) furono: Bajamonte da Eraclea (Terranova), Gualtiero da Caltagirone, Bongiovanni da Noto, e Giovanni da Mazzarino, i quali credendosi mal dall’Aragona, ribellarono e coi loro seguaci vennero strangolati nel campo S. Giuliano in Caltagirone il 21 Maggio 1283”. Tale notizia ci conferma che anche Terranova fu coinvolta nelle lotte per il potere, che vedevano da una parte il papato dall’altra l’impero, e che ne fu anzi una delle protagoniste principali. La Mantia, nel suo codice diplomatico, ci dà inoltre notizia della costruzione a Terranova di galee che furono utilizzate nella battaglia navale tra la flotta siciliana e quella gallo-napoletana del 1287, notizia che ci permette di supporre che esistesse già a quel tempo in Terranova, un cantiere navale tale da consentire la costruzione di galee. La guerra indebolì molto la città e le devastazioni degli eserciti colpirono anche le campagne e le produzioni locali
L’IMPIANTO URBANO E LE CHIESE
Terranova ospitava anche un quartiere ebraico, la Giudecca, e secondo i registri vaticani nel 1308-1310 in città vi si trovavano ben 22 chiese, tra urbane e rurali (contro ad esempio le 16 di Piazza Armerina, le 19 di Caltagirone che erano due tra le più importanti città siciliane), tra cui ricorrono i nomi di Santa Maria della Platea, San Nicolò di Platea, Sant’Antonio, San Giovanni, Santa Chiara, San Pietro, Santa Maria Annunziata, San Nicola della Giudecca, San Giuseppe (Sant’Agostino), San Giacomo, Sant’Ippolito, Santa Maria di Settefarine, Santa Maria di Betlemme, San Francesco ecc. Il muro di cinta, della cui esistenza si ha notizia certa fin dal XIV secolo, ma che molto probabilmente era stato innalzato nel secolo precedente, chiudeva la città federciana nella parte orientale della collina, dal castello al vallone Pasqualello, ed aveva inizialmente solo quattro porte: porta del Castello, detta anche porta Prenestina (poi porta Vittoria) verso est, a nord porta Caltagirone, a sud porta Marina e ad ovest Porta del Salvatore poi porta Licata. Di queste porte solo una è sopravvissuta ai rifacimenti dei secoli successivi, Porta Marina, riscoperta qualche decennio addietro, risulta essere un rarissimo esempio di architettura difensiva del XIV sec. Reperti ad essa connessi ed ampi pannelli descrittivi, sono oggi esposti all’interno del Museo Archeologico Regionale di Gela.
CASTELLI E TORRI
Tra il XIII ed il XIV secolo vennero costruite numerose strutture difensive di cui ci rimangono oggi numerose testimonianze. Il Castelluccio è tra gli impianti difensivi più interessanti ed integri del territorio; situato sopra una collina, domina la piana di Gela, splendido esempio di architettura difensiva medievale. Presenti nel circuito urbano murato due torri circolari ed una a base quadrangolare. Quest’ultima, rivolta a sud, era una delle torri più imponenti del Castello cittadino.
LA PESTE E LA GUERRA: UN PERIODO DI STRAGI
Ad una veloce ascesa segui nei decenni successivi un’altrettanta veloce ed inesorabile rovina. Situata al centro di un ampio golfo, la città era esposta alle incursioni dei pirati barbareschi che ne condizionarono le esportazioni ed il commercio. A ciò si aggiunge la “peste nera” del 1347-48 che grazie alla “pax mongola” dalla Cina era giunta in Europa. La Sicilia fu una delle primissime regioni ad essere colpite, con particolare violenza sulle città costiere: si pensa che in quel periodo più di un terzo della popolazione europea morì. i cronisti del tempo descrissero tali eventi come il preludio alla fine del mondo. All’indomani della peste nuovi pericoli si affacciavano sugli orizzonti del golfo: Terranova partecipò alla guerra tra Latini e Catalani, per istigazione del capitano Luca Cannarioto, dalla parte dei latini. La città fu più volte assediata e le perdite furono numerose, finchè nel 1360 assediata dal catalano Don Artale Alagona, essa si ribello al capitano, buttandolo giù da una torre di legno adiacente a porta Caltagirone, ritornando ad obbedire al re Federico IV.
L’ASSEDIO DEI SARACENI
La città nella seconda metà del XIV sec. venne a perdere la sua importanza, più che dimezzata nella sua popolazione (1500 abitanti), nel 1366 fu ceduta in feudo a Manfredi Chiaramonte.
La popolazione si ritirò nella parte occidentale del circuito urbano a ridosso del castello, costruendo un muro divisorio all’altezza del Duomo, lasciando in abbandono il circuito orientale. In quegli stessi anni gli attacchi dei saraceni divennero sempre più frequenti, disseminando il terrore nelle campagne e tra i marinai. Nel 1393 una grande incursione prese d’assedio la città arrivando ad espugnarla e segnando la prima distruzione della città medievale. In Eraclea si trovò il vescovo di Siracusa Tommaso de Herbes il quale venne catturato assieme ad un migliaio di abitanti che vennero resi schiavi.
Direttore Gruppo Archeologico Geloi, Segretario Regionale Gruppi Archeologici d’Italia, Direttore Mediterranean International Centre of Studies, membro dell’Accademia Enrico VI Hohenstaufen, Saggista e Scrittore.
Vi ho scoperto stasera. E la nostalgia per i luoghi della mia infanzia mi ha preso in pieno. Sono figlia di una gelese e i miei avi sono quasi tutti gelesi. Sono stata a Gela, l’ultima volta, prima della pandemia e uno dei motivi (nostalgia a parte e visita ai miei parenti) è la ricerca delle radici ebraiche che sospetto esistano nella mia famiglia. Tale ricerca mi ha spinto a fare l’albero genealogico e la cosa mi appassiona tantissimo. Per me è come onorare i miei avi e il sangue che mi scorre nelle vene e di cui vado fiera. Grazie per quanto fate. Se avete modo di indicarmi come approfondire la parte ebraica ve ne sarò infinitamente grata.
Con stima e commozione, ancora grazie.
Rita La Rosa